La Francia è il secondo part­ner commerciale dell’Italia e la principale meta degli investimen­ti esteri italiani: il Rapporto an­nuale di Business France eviden­zia come il 44% degli Ide italiani nel 2021 siano andati in Francia, a seguire Gran Bretagna (con l’11%) e Germania (con il 10%).

 

Presidente Minon, Francia, un mercato vicino ed impor­tante: dove e come investire?

Le imprese del Triveneto hanno iniziato a guardare con maggiore interesse oltralpe: in pochi anni la Francia è diventato uno dei principali paesi di inve­stimento di Finest S.p.A., con impegni pari a oltre 16mln di eu­ro e una decina di nuovi progetti in lavorazione. La Francia ha politiche eco­nomiche regionali che si espri­mono attraverso incentivi all’in­vestimento, strumenti finanziari dedicati allo sviluppo, assistenza tecnica alle imprese. La scelta lo­cativa e le modalità di investi­mento sono conseguenza di stra­tegie e di parametri ed obiettivi industriali della singola impresa, ogni caso è a sé.

 

Il nearshoring è utile per le aziende che desiderano una collaborazione costante e in tempo reale con il proprio per­sonale interno; in che modo collaborare con il Paese?

Gli ultimi due anni hanno tracciato una cesura simbolica ri­spetto alla lunga fase espansiva della globalizzazione modello anni ‘80. Superata la fase acuta della pandemia, è arrivata la co­da lunga delle conseguenze, con la crisi delle materie prime, il rincaro dei noli marittimi e da ul­timo, ma non per gravità, lo scoppio del conflitto russo-ucrai­no. Questi elementi hanno porta­to alla luce un fenomeno in realtà non nuovo, ovvero un progressi­vo accorciamento delle catene del valore, che – mi preme sotto­linearlo – non significa il loro smantellamento indiscriminato dall’oggi al domani. La Francia, ad esempio, non è un mercato complementare rispetto al Far East: non si investe in Francia con le stesse logiche e per le stesse motivazioni con cui si va in Cina. Quello che sta accaden­do, piuttosto, è un processo di ri­definizione delle produzioni per settori specifici e il rafforzamen­to di catene europee o limitrofe. È già avvenuto con l’automotive in Europa centro-orientale, sta accadendo con il tessile-abbiglia­mento e lo sportsystem nei Bal­cani. In questa chiave, la Francia non è solo un traino per la mani­fattura europea ma è anche e so­prattutto un grande mercato: pro­durre in Francia significa anche vendere in Francia. E vendere in Francia significa aprire canali privilegiati verso il continente africano. È un quindi un nearsho­ring con un ulteriore potenziale di accelerare e facilitare investi­menti a lunga tratta

 

Finest è tra i principali at­tori come equity partner nel Paese, come si sviluppa la vo­stra attività?

Finest interviene con la parte­cipazione di minoranza nel capi­tale di una società estera promos­sa da una azienda del triveneto e il finanziamento estero diretto nei confronti della stessa, a com­pletamento, dove richiesto, del piano finanziario dell’investi­mento. Recentemente abbiamo intro­dotto la possibilità di sottoscrive­re prestiti obbligazionari emessi da Spa del Triveneto, finalizzati a progetti di internazionalizzazione in uno dei 44 Paesi di operatività di Finest. Il nearshoring è nel Dna di Finest: da trent’anni ci oc­cupiamo esclusivamente di inter­nazionalizzazione di prossimità.

 

Triveneto-Francia, un bino­mio…?

Non parlerei di binomio, piuttosto di sistemi in avvicina­mento. È innegabile che le im­prese del Triveneto siano ancora polarizzate ad Est, dove ci sono importanti hub industriali euro­pei: l’internazionalizzazione tri­veneta affonda le sue origini in Romania, per poi muoversi lun­go l’asse balcanico, senza trascu­rare i cluster dell’Europa centro orientale. Negli anni il fenomeno ha raggiunto livelli di maturazione tali per cui a muoversi non sono più le piccole imprese in cerca di manodopera a basso costo, di approvvigionamento facilitato di fattori produttivi (ad esempio il legno) o di penetrazione su mercati molto vicini, ma delle piccole multinazionali, motivate dalla ricerca di nuove quote di mercato. In questa logica, Paesi maturi come la Francia entrano naturalmente nei radar dell’im­presa, da qui il trend in forte crescita che abbiamo premesso inizialmente.

 

 Intervista pubblicata nell'edizione cartacea di Tribuna Economica del 5 settembre 2022

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