“Le relazioni italo-giordane non possono che definirsi prospere e solide”. La sentita amicizia dalle antiche origini “viene coltivata da rispetto reciproco, volontà di collaborazione e la profonda fiducia”. Non a caso, il rapporto si è rafforzato negli ultimi anni, fiorendo su molteplici piani oltre a quello politico.
Ambasciatore Pezzotti, che cosa ci può dire sullo stato di salute economica e finanziaria della Giordania?
Nell’ultimo ventennio il Regno Hashemita ha compiuto considerevoli progressi in termini di stabilità e competitività economica globale, vantando un’economia orientata al mercato che può contare su risorse umane qualificate e importanti strutture logistiche. Sul sistema economico gravano certo sia fattori esogeni, quali le prolungate crisi regionali con il continuo afflusso di rifugiati dai Paesi confinanti, principalmente siriani, e la limitata disponibilità di risorse naturali. Ma nonostante queste ardue sfide, aggravate dall’impatto della pandemia prima e poi dell’invasione russa dell’Ucraina sulla sicurezza alimentare e sull’energia, la Giordania si affaccia sul panorama internazionale con una discreta salute economica e un sistema bancario e finanziario solido. Le proiezioni sulla crescita del Pil, in discesa rispetto all’epoca pre-Covid ma comunque attorno al 2,5%, unite a un tasso d’inflazione tutto sommato contenuto (4-5%) restituiscono l’immagine di un’economia tanto attiva quanto resiliente. Il Governo ha varato da poco un ampio programma di riforme economiche di medio-lungo periodo, denominato significativamente “modernizzazione” (“Economic Modernization Vision”). Strutturato attorno a tre pilastri – crescita economica, miglioramento trasversale della qualità di vita e sostenibilità – questo consiste in una rimodulazione dell’utilizzo delle risorse esistenti e si basa sulla capacità di attrarne e generarne di nuove, con l’obiettivo ultimo di riposizionare il Regno come destinazione commerciale attraente per industrie, capitali, servizi e turismo di alto valore.
Qual è il ruolo del Paese nel Medio Oriente?
La Giordania ricopre un ruolo di primaria importanza nello scacchiere mediorientale, contemporaneamente contemporaneamente pilastro di stabilità regionale e solido interlocutore per i partner regionali e internazionali. È un Paese stabile e affidabile, il che è tanto più prezioso essendo direttamente esposto a vari scenari di crisi, dalla Siria all’Iraq, senza dimenticare il suo cruciale ruolo nel processo di pace mediorientale (Mepp). Nella consacrazione a chiave di volta nel Medio Oriente cooperano vari fattori. Il Paese è situato nel cuore del Levante, sul crocevia di quella che viene denominata Terra Santa, e il Sovrano hashemita ricopre storicamente il ruolo di Custode dei luoghi santi, sia musulmani che cristiani, presenti a Gerusalemme. Allo stesso tempo, la Giordania è simbolo di un Islam dialogante, propenso all’accoglienza della diversità etnica e religiosa, come dimostrato dalla rilevante minoranza cristiana presente nel Paese. Convinta sostenitrice della soluzione “a due stati” per il conflitto israelo-palestinese, la Giordania era il solo Paese dell’area insieme all’Egitto – prima dei recenti “Accordi di Abramo” – ad aver sottoscritto, nel 1994, un Accordo di pace con Israele. La questione ci rammenta un altro ruolo cardine giocato da Amman nella regione, sul versante dei flussi migratori. Infatti, la popolazione rifugiata proveniente dai vicini Stati (Palestina, fin dal 1948, e più recentemente Iraq, Libano e Siria, ma anche Yemen e Sudan) rappresenta una fetta notevolissima di quella totale del Paese.
La Giordania si pone come snodo della Regione, in quale modo e con quale approccio?
Data la sua posizione strategica nel cuore del Medio Oriente, la Giordania punta oggi più che mai a proporsi come hub logistico regionale. Da un lato sfruttando la sua collocazione geografica tra Europa, Levante e area del Golfo, cui aggiunge una rete infrastrutturale e logistica di buon livello già in piedi; dall’altro, vista l’appetibilità per la stabilità sistemica che, in un’area Ammansovente travagliata, il Regno Hashemita è in grado di garantire. Queste Autorità puntano molto sul progressivo sviluppo della regione di Aqaba e in particolare della sua Zona Economica speciale, che gode di uno statuto amministrativo, fiscale e doganale autonomo rispetto al resto della Giordania, più favorevole per attività commerciali e di trasporto e transito merci. In termini generali, l’integrazione regionale e globale e l’incoraggiamento di programmi di privatizzazione e di attrazione degli investimenti restano gli assi fondamentali dell’azione del Governo, che ha compiuto progressi nelle riforme fondamentali che mirano a migliorare ulteriormente l’ambiente per investimenti pubblici e privati e a contribuire alla creazione di posti di lavoro e alla crescita economica.
I rapporti della Giordania con le Organizzazioni Internazionali possono essere definiti costruttivi. Che cosa vuol dire nello specifico?
Storicamente, la Giordania si contraddistingue per moderazione, realismo e capacità di armonizzazione tra i vari interessi. Ciò non può prescindere da attivismo in seno alle principali organizzazioni regionali e internazionali. Sin dall’ingresso nelle Nazioni Unite, nel 1955, la Giordania ha infatti dimostrato di credere nell’importanza e nell’efficacia del multilateralismo. Questa convinzione raggiunge anche i formati regionali, con cui lo stato si rapporta attraverso diplomazia attiva ed un approccio cooperativo e dialogante. La Giordania è un membro attivo di tutte le agenzie specializzate e in molti comitati degli organi delle Nazioni Unite, ed ospita sul suo territorio circa una ventina di Uffici locali degli stessi, dall’Oms all’Unesco passando per Unicef e Fao. Parimenti molto costruttivi i rapporti del Paese con le Istituzioni Finanziarie Internazionali quali Fmi e Banca Mondiale, a fianco del Paese nelle sue fasi di crisi economica più acuta decenni addietro e ora partner preziosi nelle riforme volte ad incrementare la liberalizzazione del commercio, migliorare gli incentivi all’esportazione e ridurre il tasso di disoccupazione.
Passando alle relazioni italo-giordane, come sono strutturate e con quali risultati?
Dal punto di vista economico l’Italia è uno dei maggiori partner della Giordania, ottavo fornitore complessivo e secondo in ambito Ue. Gli incoraggianti dati del primo semestre del 2022 confermano una bilancia bilaterale tradizionalmente a favore del nostro Paese, con un aumento del nostro export verso il Regno di circa l’11%. Importante anche la dimensione culturale, che si caratterizza per un numero crescente di studenti della lingua italiana (attualmente attorno alle già ragguardevoli 3mila unità), per le 10 missioni archeologiche attive sul terreno grazie a finanziamenti italiani, e che si continuerà ad arricchire grazie all’imminente apertura di un Istituto Italiano di Cultura ad Amman, prevista per quest’anno. Sul piano della cooperazione allo sviluppo, la Giordania è un Paese prioritario di intervento per la Cooperazione italiana, che vi opera da tempo con particolare attenzione ai temi della salute, dell’educazione, dell’efficace gestione delle risorse idriche e della sicurezza alimentare.
Che cosa fare per ampliare i rapporti economici, finanziari e bilaterali?
Le già eccellenti relazioni tra Italia e Giordania si stanno già progressivamente intensificando. Non a caso, nel maggio del 2021 è stato sottoscritto un Accordo bilaterale di cooperazione della durata triennale per il valore complessivo di 235 milioni di euro cui primo intento è quello di rispondere alle necessità del Paese, dalla sanità all’educazione e all’agricoltura. E a tal proposito, tengo a sottolineare l’importanza del contributo italiano (52 milioni di euro) al grande progetto infrastrutturale che prevede la costruzione di un impianto di desalinizzazione e di condotte per il successivo trasporto delle risorse idriche così ottenute sulla tratta Aqaba-Amman, in un Paese tra i più aridi al mondo. Dobbiamo, quindi, sicuramente proseguire nella rotta tracciata, incoraggiando le relazioni commerciali e gli investimenti italiani nel Paese. Si deve far forza sulla reciprocità del nostro rapporto, coinvolgendo ulteriormente le imprese italiane in un mercato dal grande potenziale come quello giordano, sfruttando il nostro tradizionale know how. L’Italia può e deve continuare a proporre la Giordania come sede per la cooperazione per progetti anche di natura regionale e, allo stesso tempo, accompagnarla in un percorso di crescita che includa la società civile in tutte le sue forme.
Intervista pubblicata nell'edizione cartacea di Tribuna Economica del 24 ottobre 2022
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