No alla teoria gender e alla carriera alias nelle scuole e più partecipazione e libertà educativa per i genitori. La maggioranza degli italiani rifiuta l’indottrinamento ideologico Lgbtqia+ rivolto ai bambini e chiede maggiori tutele. È il risultato del sondaggio nazionale promosso da Pro Vita & Famiglia
e condotto da Noto Sondaggi, presentato oggi al Senato presso la Sala Caduti di Nassirya nel corso della conferenza stampa “Scuola, Gender, Carriera Alias… Parola alle famiglie”. Dal sondaggio emerge che il 92% degli italiani ha sentito parlare di teorie ‘gender’, e l’81% sa ‘molto bene’ o comunque ‘approssimativamente’ in cosa consistono. Di questi, solo il 32% concorda con questa teoria, mentre il 48% si dice contrario e il 20% non sa esprimersi. Il 50% degli intervistati ritiene che non esistano infinite identità sessuali oltre maschile e femminile, come ritiene invece il 26% degli intervistati (il 24% non sa esprimersi). Il 60% degli intervistati ritiene che un uomo che si percepisce donna non possa competere negli sport femminili, e il 51% che non possa usufruire di bagni, spogliatoi, docce e luoghi riservati alle donne (contro il 31% favorevole).
Per quanto riguarda l’impatto della teoria gender in ambito scolastico, il 79% degli italiani difende il diritto dei genitori di scegliere come educare i figli su temi inerenti sessualità e affettività e l’81% ritiene che le scuole debbano preventivamente informare e coinvolgere le famiglie in caso di corsi o progetti su questi temi. Il 58% considera sbagliato sostituire le parole “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2”. Rispetto alla pratica di recente diffusione della cosiddetta “carriera alias” (tramite cui la scuola si relaziona con uno studente o una studentessa sulla base della sua identità di genere autopercepita e non del sesso biologico), la conoscenza da parte degli italiani è ancora limitata (16%), ma tra chi la conosce il 44% si dichiara contrario e il 37% a favore (il 19% non sa esprimersi).
Infine, la netta maggioranza di italiani (66%) si esprime contro la possibilità di sottoporre un minore incerto sulla propria identità sessuale a terapie di transizione di genere comprensive di farmaci ormonali o interventi chirurgici, e il 75% ritiene invece che, in questi casi, il minore dovrebbe poter ricevere assistenza psicologica per riconciliarsi con il sesso biologico.