Sono stati presentati in occasione della European Compliance and Ethics Conference 2022 di Eqs Group e davanti a una platea di oltre 600 partecipanti, i risultati della prima indagine sulla gestione delle segnalazioni da whistleblowing nel settore privato in Italia condotta

da EQS Group S.r.l. con il supporto scientifico della dr.ssa Priscilla Robledo di The Good Lobby Italia e da Elda Varrone, co-fondatrice dell’associazione Lab4Compliance. La survey mira a fotografare le correnti modalità di raccolta e gestione delle segnalazioni da parte delle aziende italiane (attualmente regolamentate da Legge 179 del 2017, Modello 231 del 2001 e la Legge 190 del 2012) e a osservare le eventuali differenze rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE 2019/1937, il cui recepimento nell'ordinamento italiano dovrebbe avvenire entro il prossimo 10 dicembre. In totale, 162 aziende italiane, di diversi settori (automotive, consumer products, energy, financial services, life sciences, media, etc) e dimensioni (da 1 a più di 10.000 dipendenti), hanno preso parte all’indagine condotta tra il 31 agosto e il 02 ottobre 2022. A cinque anni dalla Legge 179 del 2017, emerge che quattro aziende italiane su cinque (78%) hanno implementato un sistema di segnalazione interno. Tra queste, il canale di segnalazione maggiormente diffuso sembra essere quello della casella e-mail, scelto come unico canale di whistleblowing dal 17% del campione di aziende intervistate. Questo dato dimostra un ancora scarso livello di consapevolezza circa l’attenzione da prestare alla sicurezza informatica e circa l’importanza di tutelare la riservatezza dei dati personali e delle informazioni condivise. Alta è, invece, la media delle segnalazioni ricevute da parte delle aziende italiane, che raggiunge quota 142 all’anno, per un totale di 1 segnalazione da whistleblowing ogni 2,5 giorni (2 a settimana). Nelle aziende di dimensioni maggiori (più di 10.000 dipendenti), inoltre, la media raggiunge quota 835 casi all’anno, pari a 2,2 segnalazioni al giorno.

Significativa è l’analisi circa la possibilità di garantire l’anonimato ai propri whistleblower: la quasi totalità del campione preso in analisi ha previsto le segnalazioni di tipo anonimo, fatta eccezione per le aziende nella fascia tra i 1.000 e i 4.999 dipendenti, le quali non consentono l’anonimato nel 21% dei casi. Laddove consentite, le segnalazioni di tipo anonimo superano il 50% del totale dei casi, con picchi del 63% per aziende con oltre 10mila dipendenti. Le aziende più piccole (1-49 dipendenti), invece, ricevono solamente il 14% delle segnalazioni senza indicazione circa l’identità del segnalante. Anche per quanto riguarda l’apertura di indagini interne e la conseguente applicazione di sanzioni disciplinari i numeri parlano chiaro: il ca. 65% delle segnalazioni è circostanziato e il 17% porta a conseguenza disciplinari, dato che raggiunge il 33% nelle aziende con 250-999 dipendenti. Prendendo in analisi il profilo dei segnalanti, si evidenzia come la pressoché totalità delle segnalazioni riportate derivi da dipendenti, un 1% di segnalazioni venga inviato da dirigenti e l’assenza (0%) di segnalazioni provenienti da C-suite. Contano, di contro, per il 7% del totale le segnalazioni provenienti da clienti, partner e/o fornitori – dato che si accinge a cambiare con l’estensione dell’ambito soggettivo di segnalazione previsto dalla Direttiva UE 2019/1937. Altro dato significativo che emerge dall’indagine di Eqs Group è quello relativo ai tempi di gestione e chiusura delle indagini interne, che rileva un ca. 40% di rispondenti non in grado di stimare le relative tempistiche – indicatore che evidenzia la necessità di rivedere questo passaggio del processo, una volta recepita la Direttiva anche nel nostro Paese.