“Sono ancora poche le realtà italiane che hanno nel proprio DNA la cultura della parità di genere e del sostegno alle donne: la classifica di Great Place to Work Italia ne conta appena venti. La strada da fare è lunga ma non impossibile”
Nostra intervista ad Adriana Apicella Direttore Generale Confassociazioni, VP Esecutivo della Branch Spettacolo Cinema Teatro, docente universitario.
Si legge da più parti lo slogan di Confassociazioni “la rete delle reti”, ci vuole spiegare, nel dettaglio, che cosa significa?
Inclusione in ogni forma e ad ogni livello. La nostra “rete delle reti” - attualmente costituita da 715 organizzazioni che riuniscono più di 1 milione e 240 mila iscritti di cui 213 mila imprese - si pone come orizzonte a medio lungo termine il dare spazio ad un sistema nazionale in cui tutti i professionisti, collaborando sinergicamente, creano nuove prospettive per la crescita e lo sviluppo del sistema Paese. Numerose le iniziative avviate in tal senso, destinate al professionista - come la Task force sul lavoro e sulle politiche sociali presentata recentemente al Senato - e al cittadino - come il fornire congiuntamente alla Croce Rossa Italiana (con la quale abbiamo stipulato un accordo di partnership) il nostro sostegno ai profughi afgani, in particolar modo donne e minori.
Recentemente il network di Confassociazioni si è arricchito della branch UK. Quali sono i motivi della scelta di un Paese che è al di fuori degli scenari europei?
Di motivi ce ne sono diversi e tutti performanti. Noi vogliamo costruire ponti su scala internazionale e il confronto con realtà esterne alla Comunità Europea ci permette di avere scenari più ampi. Aggiungiamo che tra le persone coinvolte nel board ci sono italiani che hanno scelto il Regno Unito come patria per implementare il proprio skill professionale spinti da un approccio alla vita di respiro internazionale. Ma orgogliosi di conservare la loro italianità. La branch UK, in effetti, è un ulteriore punto di partenza - dopo Confassociazioni International e Confassociazioni Young World - verso sinergie su scala globale. Infatti, stiamo già lavorando su nuove branch estere delle quali presto sentirete parlare. La conditio è sempre la stessa: dirigenti italiani con un profilo altamente professionale, reputazionalmente irreprensibile e ben inseriti in primarie realtà dei paesi ospiti. Così da mettere in evidenza quanto sia forte il brand italiano, in questo caso inteso come competenza e professionalità.
Donne e impresa. Le aziende guidate da donne funzionano meglio e di più, condivide questo concetto?
Sì, anche se trovo utile, per un arricchimento reciproco, il costante confronto con l’uomo al passo con i tempi. Noi donne nel corso dei decenni abbiamo sviluppato la capacità di pensare ed essere strategicamente incastonate nel fare quotidiano, nel diventare multitasking e nell’aver maturato la consapevolezza di essere uniche. Oltre ad essere trasversalmente orientate verso quelle soft skill che sempre più oggi sono essenziali per mantenere salda l’essenza delle relazioni umane. È anche vero che ancora persiste quella barriera di non riconosciuta autorevolezza che alcuni uomini hanno verso le donne, soprattutto in posizioni apicali. Come pure il gender pay gap è ancora lontano per essere cancellato, ma avere consapevolezza che donne e uomini insieme e allo stesso livello possono fare di più e meglio è il carburante per far evolvere la società. In Confassociazioni, ad esempio, la presenza femminile è un fatto concreto su cui puntare e fare affidamento.
A suo parere, per quanto riguarda le carriere al femminile nella Pubblica Amministrazione, vale lo stesso concetto del settore privato?
Se nella Pubblica Amministrazione c’è una consistente presenza della donna tra i dipendenti anche qui si verifica il fenomeno del soffitto di cristallo - più si sale ai vertici, più diminuisce il numero delle presenze femminili - molto sentito nel settore priva to. E questo non solo per un fattore mentale, ma anche per questioni legate al welfare. Perché la donna ancora sceglie tra la carriera o lavorare e avere una propria famiglia. Senza dubbio un congedo di maternità, ad esempio, è più tutelato nel settore pubblico rispetto a quello privato ma una volta che il periodo è terminato c’è il rientro al lavoro con tutte le problematiche annesse. Eppure, basterebbe introdurre azioni semplici come la maternità completamente a carico della fiscalità generale che abbiamo enunciato nel nostro format editoriale “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici”, ovvero riferirsi allo schema dello 0,30% che le aziende versano ai fondi interprofessionali per la formazione. O considerare lo smart working al femminile visto che, con la pandemia, è stato sdoganato il limite se non lavori dall’ufficio non sei credibile né autorevole. Ma è necessario farlo in maniera corretta garantendo lo spazio fisico adeguato dove lavorare e scandendo bene i tempi del lavoro con quelli della socialità e della famiglia.
Le Ott in Italia si sono moltiplicate durante la pandemia. Come vede l’evoluzione di questo settore?
A mio avviso l’evoluzione crescerà sempre di più perché oltre alla spinta forte data dal Covid19 che ha avvicinato tutti, appassionati e neofiti, ai contenuti in streaming c’è da considerare il passaggio dal Dtt al Dvb-T2, il nuovo digitale terrestre che lascerà le vecchie frequenze (quelle ancora parzialmente utilizzate) alle compagnie telefoniche. Questo farà rafforzare i provider già esistenti e ne farà nascere di nuovi, tutto a favore della creazione di contenuti fruibili destinati ad un pubblico sempre più settorializzato. Ma niente di nuovo rispetto a quanto già avvenuto in passato quando le Over the Top iniziavano a fare capolino nel mercato del broadcast televisivo, quando ancora Netflix non era una realtà mondiale e ancora si navigava tra l’offerta del satellitare - Sky sopra tutti - e quella del digitale terrestre. Quando nuove Ott si creavano o altre già esistenti stipulavano accordi di partnership con major del settore audiovisivo/telefonico. E così a Netflix, che attualmente detiene il primato di iscritti su scala mondiale, si sono affiancate, diventando sempre più presenti nelle case anche italiane, Disney con Disney+, rafforzatasi con l’acquisizione di alcuni asset societari della 21th Century Fox, Discovery Inc, leader nell’intrattenimento real time, AppleTV, forte dei suoi clienti del settore fonia, Amazon Prime forte a sua volta del suo pacchetto clienti, Tim e Dazn, che troviamo in accoppiata con le diverse realtà già citate. Senza tralasciare Sky che sta proponendo la sua offerta Wifi. E quando i contenuti video rendono protagonisti i loro telespettatori, come già è successo in alcune produzioni Netflix dove il telespettatore cambiava il finale del film, l’evoluzione non ha punti di ritorno. Ma a guardare bene la storia anche qui niente di nuovo. D’altronde non era già successo con Mamma Rai e Mediaset quando con una telefonata il telespettatore partecipava alla trasmissione? E non è successo anche con i social network che hanno trasformato il fruitore del mezzo in prosumer, cioè produttore di contenuti? Perché, ça va sans dire, cambiano gli elementi ma il percorso è uguale e quel “tutto cambia perché nulla cambi” che affermava Tomasi di Lampedusa torna alla ribalta oggi più che mai.
L.R.
Tribuna Economica
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